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‘Scritture’ Category

  1. La pigrizia dello scrittore…

    Febbraio 3, 2006 by Admin

    E’ un periodo che pigreggio sulla rete, svogliato e apatico, senza interesse per segnalazioni anche importanti. Leggo abbastanza, ma lascio che mi fluiscano tra le mani piccoli gioielli come i Sei racconti polizieschi di William Faulkner o L’Aleph di Jorge Luis Borges senza il desiderio di riferirne a qualcuno oFotina di elaborarne una personale interpretazione.
    Dovrei svegliarmi e che ne sò, segnalare il tentativo di Leonardo Colombati di stabilire una classifica dei migliori romanzi americani di tutti tempi, oppure linkare al sito dell’Academy con le fresche candidature ai prossimi premi Oscar…

    Decido di fare qualcosa di più, decido di leggere e di far leggere un passaggio tratto da Il giardino dell’Eden di Ernest Hemingway. Il protagonista è uno scrittore in viaggio con la propria compagna e l’intreccio fa luce su una latente crisi tra i due che ben si traduce nella crisi della professione dello scrittore. E’ un passaggio in cui i pensieri del personaggio si mescolano alla narrazione e ben sintetizzano il corretto modus operandi di chi voglia uscire dal letargo della pigrizia.

    FotinaEccolo:

    Così tu hai lavorato e ora ti preoccupi. Farai meglio a scrivere un altro racconto. Scrivi il più difficile che ci sia da scrivere fra quelli che sai. Và avanti e fai questo. Devi durare tu stesso se vuoi giovarle in qualche modo. Quanto le hai giovato? Molto, si disse. No, non molto. Molto vuol dire abbastanza. Và avanti e comincia quello nuovo domani. Al diavolo domani. Che razza di modo di essere. Domani. Vai dentro e comincia ora. Si mise in tasca il biglietto e la chiave e tornò nella sua stanza di lavoro e si sedette e scrisse il primo paragrafo del nuovo racconto che aveva sempre rinviato da quando aveva saputo che storia fosse. Lo scrisse in semplici frasi dichiarative con davanti tutti i problemi da vivere e da far vivere fino in fondo. L’attacco era già scritto e tutto quello che doveva fare era continuare. E’ tutto, si disse. Vedi com’è semplice quello che non sai fare? Allora uscì fuori sul terrazzo e si sedette e ordinò un whisky con Perrier.


  2. Come arrivai ad Agota Kristof

    Dicembre 23, 2005 by Admin

    Libreria, sono arrivato di corsa, cerco un’autrice, vado alla cassa.
    L’addetto, un giovane, probabilmente lettere moderne, va verso uno scaffale. Parla dandomi le spalle e rovistando tra i volumi.
    “Due, ne ha pubblicati due. Einaudi, mi sembra.”
    “Volevo la Trilogia della città di K.
    “Sì, sì. Dovrei averlo… qui… no, non c’è. Eccolo!”
    Me lo porge, ha ancora il cellophan.
    “Posso?”
    Fotina“Sì, sì togli pure. L’altro è un’edizione più vecchia ma ha una copertina molto bella.”
    Lo ascolto, ma l’attenzione è rivolta alla quarta di copertina.
    “Sì, sì c’è una foto molto bella. Vediamo dovrebbe essere… eccolo.”
    Prendo dalle sue mani l’altro volume. Lui si allontana, ha un cliente alla cassa.
    Si intitola Ieri. Sulla copertina una foto in bianco e nero, un uomo di spalle. L’edizione mi convince poco. Quindicimila lire per Ieri, sedimila per la trilogia. Molte più pagine, scritto più piccolo. Prendo la trilogia.
    Lo pago, lo metto nello zaino. A casa lo lascio sulla mensola vicino al letto. Sto leggendo ‘Bariloche’, di un giovane sudamericano. Devo anche fare la recensione di Maalouf. No, non posso iniziarlo.
    Il giorno dopo, entro in cameretta. Mia sorella sdraiata sul mio letto legge.
    “Dove l’hai preso?”, le domando.
    “Lì, ma chi è lei?”
    “Ti piace?”
    “Sì, ma chi è?”
    “A che pagina sei?”
    “Centoventi, chi è lei?”
    “E’ ungherese. Come scrive? Scrive bene?”
    “Si legge in fretta. Cos’altro ha scritto?”
    “Il libraio mi ha mostrato un altro libro. Ne vale la pena?”
    “Non lo so. So solo che non riesco a fermarmi”.
    Finisce lì.
    Il giorno dopo, trovo il libro sulla mensola. Mia sorella sta uscendo di casa.
    “Allora?” gli faccio.
    “Cosa?”
    “Il libro”.
    “L’ho finito. Bello. Ciao devo andare”.
    La guardo prendere l’ascensore. Rientro e vado in camera. Prendo ‘Bariloche’ in mano. Lo apro, arrivo al segno. Poi lo richiudo, lo butto di lato. Prendo la trilogia. Leggo. Non mi sono ancora fermato.
    (30 gennaio 2002)

    (Agota Kristof mi è stata consigliata a suo tempo da un’amica. Decisi di cercare la Trilogia della città di K. dopo un commento del mio caporedattore quando lavoravo per Class Editori. Un giorno gli chiesi se conosceva la scrittrice ungherese e lui, “La Kristof? Una degli autori che mi hanno fatto più male negli ultimi anni”. Forse era masochista ma aveva queste categorie per definire gli autori e quella in particolare era tra le più significative)


  3. Esistono i maestri?

    Novembre 25, 2005 by Admin

    Segnalo il dibattito di ieri su Lipperatura circa i presunti/assunti/desunti maestri, la loro eventuale morte e la necessità o meno della loro esistenza.
    Io personalmente non penso sia corretto porsi la domanda se esistono, o buttarsi a peso morto nella loro ricerca. So per certo una cosa, i maestri non sono coloro che si reputano tali. I maestri sono coloro che rispettiamo.
    E’ il rispetto per alcune capacità di un individuo che ci deve portare alla consapevolezza che abbiamo imparato molto da lui e che quindi è giusto reputarlo un maestro.
    Rimango affascinato dalla scrittura densa e ritmica di un Faulkner, dalla ricchezza di paesaggi sensoriali di un Boll, dalla paradossale e instancabile capacità di creare labirinti verbali di un Borges. Cos’altro posso pensare di loro se non che sono i miei modelli e, in quanto tali, i miei possibili maestri. Ciò che sento per loro non è pura reverenza o instancabile idolatria, ma rispetto. Profondo rispetto e continuo desiderio di confrontarmi con loro. Se poi un giorno mi renderò conto che la loro influenza sulla mia scrittura – o sulla mia vita – sia stata rilevante, allora e solo allora potrò ritenere di aver avuto dei maestri.

    * * *

    Ora che ci penso esistono anche i cattivi maestri. Ma a quelli vorrei cercare di sfuggire, anche se non sempre è possibile perché passi del tempo accanto a una persona e quando ti accorgi di essere stato cambiato, ormai è troppo tardi per tornare indietro…