RSS Feed

‘Quotidianità’ Category

  1. Corrispondenze

    Settembre 24, 2007 by Admin

    Nella foresta di simboli della vita capita a volte di inciampare in letture tanto diverse e lontane quanto stranamente collegate. Leggo in questi giorni Saturday di Ian McEwan e ho sorriso arrivando a questo passaggio in cui emerge l’aforisma che governa la vita di Theo, il figlio di Henry Perowne, il neurochirurgo protagonista della vicenda:

    Saturday…On a recent sunday evening Theo came up with an aphorism: the bigger you think, the crappier it looks. Asked to explain he said, “When we go on about the big things, the political situation, global warming, world poverty, it all looks really terrible, with nothing getting better, nothing to look forward to. But when I think small, closer in – you know, a girl I’ve just met, or this song we’re going to do with Chas, or snowboarding next month, then it looks great. So this is going to be my motto – think small”.

    […Durante una recente domenica sera Theo venne fuori con un aforisma: più grande pensi, più incasinato diventa. Chiestagli una spiegazione lui disse, “Quando pensiamo alle grandi cose, la situazione politica, il riscaldamento globale, la povertà nel mondo, appare tutto davvero terribile, con niente che va migliorando, niente che sembra andare avanti. Ma quando penso piccolo, ristretto, sai no, una ragazza che ho appena incontrato, o questa canzone che stiamo facendo con Chas, o andare sullo snowboard il prossimo mese, beh allora sembra tutto magnifico. Così questo sta diventando il mio motto – pensa piccolo”]

    Sempre di questo periodo è la questione del V-day organizzato da Beppe Grillo. Leggendo i vari commentatori sono incappato nelle considerazioni di Eugenio Scalfari, il deus ex machina di La Repubblica. Il grande intellettuale ad un certo punto nell’editoriale del 12 settembre afferma:

    Eugenio Scalfari“Il più vivo desiderio delle masse, cioè dell’individuo ridotto a folla e a massa, è di essere deresponsabilizzato. Vuole questo. Vuole pensare e prendersi cura della propria felicità delegando ad altri il compito di pensare e decidere per tutti. Delega in bianco, semmai con una scadenza. Ma le scadenze, si sa, sono scritte con inchiostri molto leggeri che si cancellano in breve tempo. Il potere, una volta conquistato, ha mille modi per perpetuarsi”.

    Non so se lette così l’una dopo l’altra queste due citazioni lasciano anche a voi che mi leggete lo stesso cortocircuito, lo stesso paradosso, che ho percepito io. Da un certo punto di vista infatti sono profondamente avvinto dall’idea che per andare avanti, per vivere giorno dopo giorno, sia necessario guardare al mondo con la stessa logica di semplificazione che muove Theo. Dall’altra sono estremamente consapevole che la nostra società non può permettersi deleghe in bianco, non può permettersi che ognuno coltivi solo il proprio orticello non accorgendosi che dissodando il terreno rovina la falda acquifera alla quale tutti attingono…
    Quindi?
    Non ci sono risposte univoche, non ci sono certezze. Io per conto mio continuo a guardare al mondo intero come a un ecosistema nel quale ognuno deve essere consapevole del ruolo che svolge sia nel micro che nel macrocosmo in cui vive. Continuo a credere che sia fondamentale guardare con uno sguardo innocente e pensare piccolo quando si tratta della quotidianità e ad avere una visione d’insieme grande e complessa quando lo sguardo si allarga…

    P.S.
    Chiedo scusa ai miei lettori per questa invasione in territori che in genere esulano dai contenuti di questo blog…


  2. Anche Antonioni se ne va… e chi resta?

    Luglio 31, 2007 by Admin

    C’è dell’umorismo macabro nella Morte… intendo il personaggio con la falce de Il settimo sigillo di Bergman. Ieri mattina si prendeva il regista svedese, poi in serata è passata per l’Italia e si è portato via Michelangelo Antonioni. Certo Antonioni aveva 94 anni e negli ultimi vent’anni, in seguito all’ictus, aveva perso il suo smalto. FotinaMa era pur sempre l’artefice di quella poetica detta dell’incomunicabilità che per me ha raggiunto l’apice nel piano sequenza finale di Professione Reporter.
    Non amavo alla follia l’opera di Antonioni. Non era tra gli autori che mi hanno catturato a livello istintivo, non c’era affinità tra me e lui, eppure…
    Eppure ho imparato ad apprezzarlo, ad amare le scene silenziose in cui il suo occhio vagava alla ricerca del senso di ciò che accade: la scomparsa di un affetto, il senso delle relazioni umane, l’idea che abbiamo della nostra vita.
    E poi c’era la fotografia. Le inquadrature di Antonioni erano puntuali, severe per molti versi, ma comunque precise. Ho apprezzato più i suoi film a colori che non quelli in bianco e nero. A cominciare proprio dalla pellicola del ’75 con Jack Nicholson e Maria Schneider. Ma anche Blow Up e Zabrizkie Point lì ho preferito ai vari La notte o L’Avventura. Era come se i colori del mondo mi aiutassero a sopportare meglio quell’incomunicabilità.
    Forse, più semplicemente, dipendeva dal rigore di una fotografia che toglieva tutto l’inessenziale e che per questo diventava claustrofobica.
    Poi a dirla tutta ho amato molto Al di là delle nuvole, ma credo che lì ci fosse una forte impronta di Wim Wenders…
    Comunque, superando tutto, oltrepassando anche l’idea che questo blog si stia trasformando in un prontuario di annunci funebri, Antonioni mi mancherà e penso che per lui valga in parte quanto scrivevo ieri per Bergman…

    Guarda la notizia su Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Sole 24 Ore, Il Messaggero, Il Giornale, L’Unità, RAI


  3. E’ morto Bergman… no, no, noooooo!

    Luglio 30, 2007 by Admin

    Interrompo tutto quello che sto per fare per segnalare che è morto Ingmar Bergman. Non ci credo, non voglio crederci, no.
    Sono quelle notizie che non mi aspetto, anche se lui aveva 89 anni.
    Fotina
    La cosa mi pesa tanto e più della morte di Mastroianni, un filo meno di quella di Kubrick. Sento che sta per crollare il mondo. Uno dei miei miti muore e sò che il mondo ha qualcosa di grandioso in meno.
    In questi anni ho dato lentamente credito all’idea che il presente attraversi una fase di decadenza. Ho anche pensato “bene, sono questi in genere i periodi in cui nascono i germogli culturali che danno la spinta verso il futuro”.
    Oggi più che mai vedo quanto la decadenza sia invece un imbruttimento del mondo che ci circonda. FotinaLa scomparsa di Bergman equivale alla scomparsa di una stella nel cielo, equivale al crollo di una delle cime di Lavaredo, alla desertificazione dell’Amazzonia. E’ come se il pianeta perdesse una delle sue bellezze, peggio, è come se venisse meno uno stimolo a migliorarsi, a creare qualcosa che non è, come se il destino dell’umanità si increspasse e rischiasse di essere compromesso per sempre.
    Certo parlo con dolore perché non ci sarà più un nuovo film dell’autore di Sussurri e grida – che per inciso quando vidi, mi tolse talmente il fiato che pensai di non essere più in grado di respirare. Parlo con sofferenza perché Fanny e Alexander mi ha incantato come poche pellicole. Parlo con tristezza perché l’intensità de Il posto delle fragole o de Il settimo sigillo non avranno più modo di essere parte di qualcosa di nuovo.
    Bergman, Ingmar Bergman, parliamo di lui, diamine!
    No, no, noooooo… non ci voglio e posso credere.
    Mi sembra di fare il conto alla rovescia, di avere dei miti e di perderli come le tessere di un mosaico…
    Lo so, è solo un momento di sconforto. In fondo le stelle muoiono, le stelle nascono. Eppure, allo stesso modo di quando seppi della morte di Kubrick, sento che mi hanno strappato qualcosa dentro…

    Guarda la notizia su: Corriere della Sera, La Repubblica, Il Messaggero, La Stampa, L’Unità, Il Sole 24 Ore, Il Giornale, RAI, BBC, CNN, The Guardian, International Herald Tribune, Le Monde, Liberation, Spiegel, Die Welt, El Mundo, El Pais