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Il carteggio tra Thomas Mann e Hermann Hesse

28 Agosto 2007 by Admin

Sto leggendo, e ho quasi terminato, un libro capitatomi per mano da alcuni giorni. Si tratta del carteggio tra Thomas Mann e Hermann Hesse.
Poco più di una settimana fà, passeggiavo per i Navigli in attesa di incontrare alcuni amici. Hesse-MannCome faccio di frequente in queste situazioni mi sono fermato a consultare gli scaffali del Libraccio. Per chi conosce Milano, sa che lungo l’Alzaia Naviglio Grande, superato il Vicolo delle Lavandaie, all’altezza di uno dei ponti pedonali, si trova un incrocio ai cui angoli il Libraccio ha da anni aperto due negozi l’uno di fronte all’altro. Da una parte si trovano i libri di narrativa, dall’altra la saggistica e la manualistica.
Di narrativa negli ultimi tempi ho fin troppi libri in attesa di essere letti, per cui sono entrato nel locale meno frequentato e mi sono messo a consultare qualche volume di fotografia e di cinema, senza alcuna intenzione di comprare alcunché. Ho girovagato tra gli scaffali abbastanza poco, conosco bene il negozio e so dove trovare i libri a me congeniali. Così mi sono ritrovato a sfogliare alcuni Art Dossier su Caravaggio e sugli Espressionisti ma in ultima analisi la mia attenzione era troppo vaga per soffermarmi su qualcosa di concreto e ad un certo punto mi sono ritrovato a guardare l’orologio. Pronto a uscire, con l’idea di passare un pò di tempo all’aria aperta, riponevo il volume sul sempre illuminante Caravaggio quando la mia attenzione si è posata sulla copertina di un libro delle edizioni SE.
Il dorso recava la scritta ‘102 Hesse-Mann Carteggio‘. Senza troppa convinzione l’ho preso tra le mani e uno scrigno mi si è aperto davanti. Thomas Mann
Ho scoperto così l’intenso rapporto che ha legato i due scrittori tedeschi, entrambi premio Nobel, dalla fine del primo decennio del ‘900 fino alla morte di Thomas Mann avvenuta nel 1955.
L’introduzione scritta da Volker Michels ripercorre le fasi di un’amicizia che ha impiegato tempo per nascere essendo i due di estrazione e provenienza tanto diversa. L’autore dei Buddenbrook era infatti figlio di un Senatore e proveniva da una grande famiglia borghese tedesco-settentrionale attenta alla propria immagine pubblica. Hesse era invece nato dal matrimonio di due missionari della Germania meridionale e conservò sempre una visione ascetica e internazionale della vita.
Cosa li accomuna e rende in seguito tanto solido il loro legame?
Il pretesto per un loro incontro si deve all’editore tedesco, Samuel Fischer, presso cui entrambi pubblicano le loro opere. Con il tempo poi, va nascendo un rispetto reciproco l’uno per l’opera dell’altro, dimostrato inizialmente da alcune recensioni favorevoli di Hesse per Mann e in seguito, in direzione opposta, per la quasi venerazione che Mann mostra per l’autore di Demian, di cui inizialmente non conosce il nome perché il libro esce con lo pseudonimo di Emil Sinclair:

Quando il libro uscì – scrive Mann nella prefazione del 1948 all’edizione americana – io scrissi all’editore berlinese S. Fischer, che era anche il mio, chiedendo con insistenza spiegazioni su quest’opera sorprendente e domandando chi fosse ‘Sinclair’. Il vecchio mentì con onestà: disse di aver ricevuto il manoscritto dalla svizzera tramite un intermediario. Lentamente però la verità emerse, dapprima su basi di critica stilistica, in seguito anche a causa di indiscrezioni. Ma soltanto la decima ristampa uscì con il nome di Hesse.

Nel corso degli anni poi le rispettive vicissitudini durante i due conflitti mondiali forniscono il terreno per consolidare la loro amicizia. Hermann Hesse
Hesse si era trasferito in Svizzera e ne aveva preso la cittadinanza in seguito alla presa di posizione antinazionalista dimostrata nel corso della guerra del ’15-’18. Mann dal 1933 dovette auto-esiliarsi e nel 1938 si trasferì quasi definitivamente negli Stati Uniti. Proprio a cominciare dal suo esilio la loro corrispondenza comincia a infittirsi e soprattutto all’inizio si percepisce un rispetto quasi reverenziale di Mann per l’autore di Siddharta, tanto che Mann – che ha già ottenuto il premio Nobel nel 1929 – a più riprese durante l’ascesa del Nazismo incoraggia l’accademia di Stoccolma a premiare con il Nobel Hesse, motivando la proposta non solo sulla base dell’alta considerazione che ha nell’opera dell’amico, ma anche come presa di posizione politica contro gli orrori della Germania di Hitler. Inutile dire che i suoi richiami rimangono inascoltati fino al 1946, quando la guerra è ormai finita.

La lettura permette di respirare il significato di un carteggio che con l’avvento della posta elettronica ha perso il suo significato e fornisce anche piccoli lampi mostrando come i due scrittori parlino delle loro opere prima, durante e dopo la loro gestazione. Emerge in particolare uno strano parallelismo tra Il giuoco delle perle di vetro che Hesse pubblica nel 1942 e il Docktor Faustus uscito nel 1947.
Annota infatti Mann nel suo diario dopo aver letto l’opera dell’amico:

In un certo senso sono spaventato. La stessa idea della biografia simulata. Sempre sgradevole ricordare che non siamo soli su questa terra.

E poi il giorno seguente:

Le connessioni sono sbalorditive. Il mio è molto più acuminato, tagliente e comico-triste. Il suo è più filosofico, sentimentale, religioso, sebbene non privo del distacco umoristico dell’interposto redattore e di una comicità relativa ai nomi.

(…)


2 Comments »

  1. Jaakob ha detto:

    Lo sto leggendo anche io in questi giorni.
    Addirittura commovente in alcuni punti. Soprattutto per alcune lettere di un Thomas Mann esule, oltraggiato dal Reich.
    Credo sia una testimonianza estremamente interessante di due tra i più importanti romanzieri della prima metà del 900. Testimonianza storica da una parte e ritratto di una profonda amicizia dall’altra. Dal rapporto epistolare traspare una cristallina e mai stucchevole stima reciproca.

  2. lesintrigante ha detto:

    Indubbiamente,
    io sono rimasto affascinato dall’uso naturale di quel darsi del “Lei” che è ormai d’altri tempi e che in bocca ai due Nobel ha un fascino particolare. Trasmette il senso di un rispetto reciproco che forse non è più di moda oggi…

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